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VIOLENZA SENZA FRENI: EVADE DAI DOMICILIARI PER PICCHIARE UN CONGIUNTO! L'Avvocato risponde 

VIOLENZA SENZA FRENI: EVADE DAI DOMICILIARI PER PICCHIARE UN CONGIUNTO!

Commettiamo con l’avvocato Simone Labonia questa singolare notizia pubblicata dal nostro giornale, per i suoi risvolti penali.

L’evasione dagli arresti domiciliari è un reato disciplinato dall’art. 385 del Codice Penale, il quale punisce chi evade dal luogo in cui è legalmente ristretto per ordine dell’autorità. La norma prevede una pena detentiva che va da sei mesi a tre anni, con la possibilità di un aggravamento in determinate circostanze.

L’evasione si realizza quando il soggetto detenuto in regime di arresti domiciliari si allontana senza autorizzazione dal luogo di detenzione, violando così la misura restrittiva imposta dal giudice. Il reato è di mera condotta, il che significa che si consuma nel momento in cui il soggetto esce dall’abitazione, indipendentemente dalla distanza percorsa o dalla durata della fuga.

Un aspetto importante è che il reato può configurarsi anche in assenza di dolo, cioè senza una volontà specifica di sottrarsi alla misura cautelare. Tuttavia, perché si possa escludere la punibilità, l’allontanamento deve essere giustificato da cause di forza maggiore (ad esempio, un malore improvviso che costringa il soggetto a uscire di casa per ricevere cure).

La pena prevista dall’art. 385 c.p. può essere aumentata in presenza di specifiche circostanze aggravanti. Una di queste si verifica quando l’evasione è finalizzata a commettere un altro reato, specialmente se violento.

Un caso di particolare rilevanza giurisprudenziale riguarda la Cassazione, che ha confermato l’aggravante per chi evade con l’intento di usare violenza contro un congiunto. In tali circostanze, la condotta non è più riconducibile solo alla violazione della misura restrittiva, ma assume una connotazione più grave in virtù della minaccia per l’incolumità altrui.

La giurisprudenza di Cassazione ha chiarito che questa aggravante si applica non solo in caso di violenza consumata, ma anche quando emerge un chiaro intento criminoso. Tale interpretazione mira a tutelare le vittime da possibili aggressioni, garantendo un’applicazione più rigorosa della legge in ambito di prevenzione dei reati violenti.

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