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PENSIONE DI REVERSIBILITÀ PER I DIVORZIATI L'Avvocato risponde 

PENSIONE DI REVERSIBILITÀ PER I DIVORZIATI

Abbiamo ricevuto numerose richieste di approfondimento, in riferimento alla possibilità di usufruire della pensione di reversibilità da parte dei divorziati. Sicuramente è un’eventualità che si concretizza molto spesso ed è sicuramente giusto cercare di comprendere quali siano le normative che regolamentano detta fattispecie.

Insieme all’avvocato Simone Labonia, cerchiamo di dissipare i vari dubbi, anche e soprattutto alla luce delle disposizioni indicate dalla Corte di Cassazione.

La stessa Corte, a Sezioni Unite, con sentenza 22434/2018, ha messo un punto fermo, in riferimento a tale annosa questione ed agli atteggiamenti contrastanti della giurisprudenza, stabilendo che, la pensione di reversibilità, non spetta all’ex coniuge che non risulti titolare di un assegno periodico.
Ciò può avvenire quando è percepito un assegno divorzile, con un pagamento in un’unica soluzione al momento della dichiarazione di divorzio.
Tale orientamento è stato, da allora, costantemente seguito dalla magistratura giudicante: facciamo riferimento ad una pronunzia per tutte, emessa dalla Corte d’Appello di Messina, a conferma di una sentenza di primo grado, che aveva dato torto al ricorrente, che richiedeva tale prestazione.
Detta pronunzia aveva negato allo stesso il diritto di percepire una quota della pensione di reversibilità dell’ex coniuge, ritenendo ostativa proprio la circostanza che, lo stesso, aveva avuto un assegno in unica soluzione al momento del divorzio.
La legge 898/1970 e successive modifiche, ha sancito che spetta tale quota, in proporzione degli anni di matrimonio, a favore di quel coniuge che, dopo la cessazione degli effetti civili del matrimonio, sia titolare dell’assegno di cui all’articolo 5 della citata legge.
La Corte d’Appello ha ritenuto che, il requisito della titolarità, deve sussistere al momento del sorgere del “diritto alla pensione di reversibilità”, e deve essere attiva una prestazione periodica a favore del coniuge superstite.
Il successivo ricorso per Cassazione ha evidenziato un orientamento della stessa Corte, propensa a non ritenere vincolante il “significato ermeneutico” della frase: “titolare dell’assegno”.
Non giustificato ritenere che, tale titolarità, possa essere riferita anche alla non esistenza di una prestazione periodica.
Il requisito funzionale della reversibilità, quindi, è dato solo dal presupposto solidaristico di un sistegno economico continuativo, a favore dell’ex coniuge.

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