Italia Nostra consegna le memorie al Consiglio di Stato: “Il progetto del Crescent di Bofil non esiste più”
«L’idea progettuale dell’Archistar Bofil non esiste più, il Crescent è il frutto di due autorizzazioni paesaggistiche rilasciate, inopinatamente, per un nuovo e diverso progetto che non prevede le due pubbliche e l’edificio trapezio». È questo uno stralcio delle memorie difensive presentate dall’associazione Italia Nostra ai giudici della Quarta sezione del Consiglio di Stato contro il megaprogetto del Crescent che ha stravolto urbanisticamente l’area di Santa Teresa. Per gli ambientalisti stravolgendo lo stato dei luoghi, per la parte pubblica, il Comune, riqualificando l’intera zona ovest della città. Il ricorso intentato da Italia Nostra veniva, ieri, per la trattazione davanti ai giudici di Palazzo Spada, attraverso il sistema semplificato del “processo scritto”.
La trattazione è stata rinviata per consentire, forse, la celebrazione dell’udienza con il metodo “a distanza”. Il ricorso nasce dalla sentenza del Tar di Salerno che- scrive la Città-, l’anno scorso a luglio, ha respinto l’istanza dell’associazione ambientalista, rappresentata dagli avvocati Oreste Agosto e Pierluigi Morena , perché le rimostranze sulla costruzione a mezzaluna e le relative opere accessorie, come la deviazione del torrente Fusandola, furono ritenute dalla seconda sezione del Tar di Salerno, irricevibili e inammissibili. E dunque il ricorso fu dichiarato improcedibile. Per comprendere la vicenda processuale, bisogna fare un salto all’indietro, agli anni dal 2012 al 2015, quando Italia Nostra ha avviato una battaglia legale sulla trasformazione urbanistica di Santa Teresa, decisa dalla giunta presieduta dall’allora sindaco Vincenzo De Luca che, per gli ambientalisti, «ha stravolto con la mega costruzione privata, tuttora in corso, l’area demaniale marittima, idrica della spiaggia di Santa Teresa, nel centro storico cittadino».
Dopo la sentenza con cui il Tar Salerno ha respinto il ricorso amministrativo contro la procedura per la realizzazione del Crescent, la richiesta di rinvio a giudizio per funzionari comunali, progetti ed altre figure coinvolte in relazione al progetto per la sistemazione dell’alveo del Fusandola, operando su di un’area – deducono i ricorrenti – che non è mai stata sdemanializzata. E su cui, inoltre, gravano una serie di vincoli conseguenti la disastrosa alluvione del 1954. Il motivo di contendere, in questo caso, non è ambientale, ma paesaggistico, Tant’è che è stata accolta, nel procedimento penale, la costituzione di parte civile del Ministero dei Beni Culturali. La Procura di Salerno, in questo filone d’inchiesta, procede per l’ipotesi di reato di disastro colposo per il pericolo di esondazione del Fusandola. Il Crescent, dunque, continua a far discutere e richiama in causa la magistratura per un giudizio. L’attenzione è ora su due fronti: quello romano del consiglio di Stato, per le procedure amministrative, e quello salernitano dell’ufficio del gip (il fascicolo è stato assegnato al giudice Giovanna Pacifico ) sul caso della deviazione del torrente.