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COSTRETTI A MENTIRE L'Avvocato risponde 

COSTRETTI A MENTIRE

Approfondiamo con l’avvocato Simone Labonia, i risvolti legali di una notizia pubblicata dal giornale, nell’ambito di un’inchiesta, all’interno del nostro nosocomio, su presunte pressioni atte a creare false accuse.

L’atto di costringere qualcuno a fornire una falsa testimonianza, specialmente se finalizzato a screditare l’attività professionale di un terzo, rappresenta una condotta gravissima dal punto di vista penale e sociale. Tale comportamento, disciplinato dal nostro ordinamento, non solo mette in pericolo il regolare funzionamento della giustizia, ma compromette anche la reputazione e la dignità delle persone coinvolte, creando un danno difficile da riparare.

Il nostro codice penale affronta in modo chiaro la questione della falsa testimonianza. Ai sensi dell’articolo 372, chi, deponendo come testimone davanti all’autorità giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, è punibile con la reclusione da due a sei anni. Tuttavia, quando tale comportamento è indotto attraverso costrizione o minaccia, si configurano ulteriori fattispecie di reato che aggravano la posizione di chi forza la testimonianza.

L’articolo 611 c.p.violenza o minaccia per costringere a commettere un reato“, prevede la punibilità di chi obbliga qualcuno a compiere un atto contrario alla legge, punendo il responsabile con la reclusione fino a cinque anni.

Larticolo 368 c.p. “calunnia prevede che, se l’obiettivo della falsa testimonianza è quello di accusare un terzo di un reato non commesso, il colpevole di tale condotta rischia una pena che può arrivare a dieci anni di reclusione.

L’articolo 610 c.p.violenza privata” si applica qualora si ricorra a pressioni psicologiche o fisiche per ottenere la falsa testimonianza, si aggiunge la punibilità per violenza privata, con una pena fino a quattro anni di reclusione.

Le figure coinvolte nella vicenda possono essere diverse. Chi costringe altri a testimoniare il falso risponde direttamente del reato principale (e di eventuali aggravanti), mentre il testimone che cede alla costrizione può invocare l’esimente della coercizione, qualora dimostri di aver agito in uno stato di necessità. Tuttavia, resta comunque la possibilità di essere incriminato per falsa testimonianza, specialmente se la pressione subita è di natura esclusivamente morale.

Oltre ai profili penali, questo fenomeno solleva una questione di rilevante interesse sociale. La distorsione della verità all’interno di un processo mina la fiducia nel sistema giudiziario e danneggia irrimediabilmente le vittime, in questo caso il professionista screditato, che potrebbe subire ripercussioni irreparabili sulla propria carriera e sul proprio status sociale.

Il problema è aggravato dalla difficoltà di rilevare e dimostrare la coercizione: spesso tali dinamiche avvengono in contesti privati o sotto forma di minacce velate, rendendo arduo il compito delle autorità giudiziarie. Per questo motivo, è essenziale potenziare i sistemi di tutela delle vittime e incoraggiare la denuncia da parte di chi subisce tali pressioni.







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